La pazzia | страница 13
Sdraiata nel buio del retrobottega, la guardia chiuse gli occhi e sognò. E mentre respirava l'aria puzzolente della stanza, riuscì a sentire ancora una volta lo stesso spettrale e florido profumo floreale che lo aveva seguito alle sue calcagna.
Le mani della guardia erano in difficoltà: le sue dita pungevano con il desiderio di sentire la pelle liscia della fanciulla, di scavare nei lunghi capelli dove si nascondeva il sole.
La sua pelle bruciava, evaporava, diventava appiccicosa. Boris voleva strapparsi i vestiti, liberarsi dall'ossessione, respirare, sentire di nuovo la vita nel suo corpo, ma il suo cervello, inebriato dalla lussuria, giocava con lui con le sue astuzie, mandandogli delle fantasticherie: le sue dita come se, appunto, sentissero la stoffa dei vestiti di lei, strapparono i bottoni del suo vestito, furono i suoi capelli che prese nel pugno, facendo uno scatto, e sentì un gemito, non suo – di lei. Non era il sudore di lui che gli colava sul petto e sulla pancia, inzuppandogli i vestiti, ma il suo – puro e reale – che sgorgava vino dalle sue labbra morbide e rosa pallido, leccando l'umidità speziata con la lingua.
Si era perso, si era arreso, era stanco di combattere e cercava una ragione. Voleva concedersi a lei e prenderla per sé.
Sdraiato nell'oscurità della stanza sul retro, Boris sussurrava ancora e ancora, come in un dolce delirio: "Lei è diversa… Mio… Fatto per me… Solo per me…".
6
Martedì, 23:05
Nell'appartamento all'ultimo piano del grattacielo sul lungomare è calato il silenzio. Elìa, esausta per la lunga giornata di lavoro, è tornato dal lavoro e si è addormentata quasi subito. Il gatto, accoccolato pacificamente su un cuscino vicino, scaldava il letto di piume in attesa della sua amata padrona, ma la ragazza non si è affrettata ad andare a letto.
Si mise al centro del salotto vuoto con un bicchiere di vino, illuminato dalla luce della luna che entrava dalla finestra con una sottile tenda di tulle, e bevve il vino. La bottiglia tappata si trovava accanto a lei sul tavolo, dove giaceva anche una rosa bianca su un gambo lungo e sottile, presentata dalla persona di guardia.
Guidata da una musica impercettibile, la ragazza si muoveva dolcemente, ondeggiando i fianchi, e con le dita della mano libera lasciava trasparire una luce spettrale attraverso i riccioli lucidi dei suoi capelli.
Le labbra toccarono il bicchiere e lei bevve piccoli sorsi, facendo cadere gocce simili a barbiturici sul collo e sul petto. L'umidità aromatica le colava sulla pelle, infiltrandosi nel vestito sottile.